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sabato 29 gennaio 2011

Una brutta giornata




Martina aveva 16 anni. Stava vivendo male la sua adolescenza c'erano sempre problemi in famiglia e lei nascondeva le sue insicurezze dietro una maschera da sfrontata. Era difficile riuscire a penetrare dentro i suoi pensieri: risultava diversa dalle sue coetanee, più misteriosa e con più carattere.
Quel giorno d'estate era al bar con le sue amiche che la informarono della novità.
-Una spaghettata in campagna? Che bella pensata!-disse Martina
-Sì, l'idea è venuta a Marco, partiremo giovedì mattina, faremo una camminata tra i boschi, fino al santuario della Madonna di Caravaggio. E' un po' lontano a piedi ma in compagnia non sarà faticoso -rispose Giulia-Tu verrai?
-Sì mi piacerebbe, ma chi ci sarà?
-Noi, Silvia, Andreina, Patrizia , Paola, Rosa e Marco, Sergio Fausto, Santo, Giovanni, Piero, Antonio...tutti insomma
Martina divenne pensierosa, Fausto era un bulletto che la prendeva sempre in giro, talmente cattivo che a volte riusciva a farla piangere e scappare a casa. Criticava le sue minigonne e gli dava fastidio che lei gli rispondesse a tono. Quando si trovavano nello stesso posto, al bar o sulla passeggiata, seduti sulle panchine, cominciava ad aggredirla con le parole in maniera così violenta da farle paura. Anche se Martina cercava di non rispondere alle provocazioni Fausto non demordeva e andava avanti, anche perché gli altri intorno a loro ridevano, non si sa se per compiacerlo o perché si divertivano davvero. Per fortuna lui aveva qualche anno in più di loro e non frequentava abitualmente la compagnia. Ma quella volta ci sarebbe stato.
-Silvia disse-Ma che bello! Ci sarà anche Fausto! Quando c'è lui c'è sempre da divertirsi!
Un brivido percorse le spalle di Martina e si domandò come fosse possibile fare un'affermazione di quel genere, come poteva Silvia apprezzare un modo di fare così prepotente. Ma non aveva intenzione di rinunciare alla gita. Sperava ci fosse anche Aurelio, il suo amore non proprio segreto. Che Martina fosse innamorata di Aurelio lo sapevano tutti. Forse sarebbe stata l'occasione giusta perché lui si accorgesse di lei. E anche se non lo avesse fatto avrebbero passato una giornata intera insieme, lo avrebbe potuto vedere tutto il giorno, gli avrebbe parlato, lo avrebbe guardato negli occhi, quegli occhi blu come era il cielo dopo una nevicata.
E così una mattina di agosto, appena dopo il sorgere del sole partirono caricando sulle spalle pentole, spaghetti, padelle , pane, affettati, frutta. Avevano diviso le spese ed avevano comperato un'infinità di cibo. Il fuoco per cucinare lo avrebbero acceso con la legna del bosco. 
Il viaggio durò tre ore, camminarono lungo sentieri stretti e rocciosi, tra alberi di castagno verdissimi e rigogliosi, cantando canzoni e raccontandosi barzellette.
All'improvviso il sentiero si aprì su una spianata al cui limitare sorgeva il santuario:bianco, silenzioso, circondato da alti alberi di tiglio .
Non c'era nessuno, il posto per quel giorno apparteneva a loro. Scaricarono le vettovaglie e furono assegnate le mansioni. La maggior parte dei ragazzi si diede da fare: sistemò il focolare, cercò grossi sassi sui quali appoggiare le pentole e pose la legna ad ardere. Fausto cominciò a guardarsi intorno annoiato.
Martina gironzolava, Aurelio non era venuto ed era delusa. Tutta quella strada e lui non c'era. Le sembrava che il mondo avesse perso colore e si sentiva triste. Arrivò fino sotto il portico del Santuario. Il portone era sbarrato e non si poteva entrare. Sui muri qualche scritta: cuori trafitti da frecce e dichiarazioni d'amore. Martina si sporse a sbirciare l'interno attraverso le grate. La chiesa era buia, solo una lampadina emanava una fioca luce e si intravedeva la statua della Madonna vicino all'altare. La ragazza mormorò una preghiera. Pregò per il suo amore impossibile, pregò per la sua famiglia.
Quando ebbe finito si voltò e li vide. Marco, Fausto, Sergio, Paolo. Erano lì dietro di lei, la guardavano in modo strano, Fausto aveva un ghigno cattivo sul viso. Gli occhi piccoli e tagliati all'orientale erano stretti e mandavano bagliori poco rassicuranti. Stava appoggiato al muro, le gambe incrociate in una posa spavalda, le braccia conserte. La osservava senza dire nulla ma nell'espressione balenavano scintille di cattiveria. Stava pensando a come poteva rendere vivace, secondo i suoi canoni, la giornata . Stava zitto e i minuti di silenzio erano pesanti come sassi. Quando parlò, si rivolse agli altri i quali stavano in attesa di un suo segnale :-Come mai oggi indossa i pantaloni? Non ci vuol far vedere le gambe?
Poi continuò -Però non è giusto, di solito quella lì ha delle minigonne! E oggi no, non ci lascia guardare niente. Bisogna che ci pensiamo noi. Togliamole i Jeans! Voglio vedere le cosce!
Martina frugò intorno con lo sguardo: dove erano finite le sue amiche? Non si vedeva nessuno, forse erano vicino al fuoco o in giro ad esplorare il bosco. Pensò in fretta, doveva raggiungere il gruppo.
 Quando si mosse i ragazzi le avevano chiuso le vie di fuga, lei tentò di forzare il blocco facendosi largo a gomitate..
I quattro la afferrarono per le braccia e poi per le gambe. No, no, è un incubo, pensò la ragazza e cominciò ad urlare con tutto il fiato che aveva i gola.
-Arriveranno gli altri, c'è troppa gente, non mi faranno nulla-pensava.
Intanto i quattro ridevano e la sballottavano da tutte le parti, le lasciavano andare le gambe e poi la stringevano in un abbraccio doloroso, la riacchiappavano per le ginocchia e le lasciavano un braccio, poi la bloccavano di nuovo senza lasciarle libero un muscolo. Qualcuno le slacciò la cerniera e mentre lei si divincolava urlando, le sfilarono i pantaloni. Nessuno accorreva e la ragazza piangeva e gridava.
I bulli ridevano palesemente divertiti dalla sua disperazione e dalle sue urla. Erano più forti, erano quattro contro una ragazzina indifesa. Se qualcuno avesse avuto un cenno di pietà Fausto li avrebbe tacciati di vigliaccheria e impotenza. Ma comunque nessuno dei quattro accennò a lasciar perdere quel gioco crudele.
Martina si trovò a terra in mutande e reggiseno,. Intorno a lei i ragazzi ridevano e la fotografavano seminuda e in lacrime.
-Queste foto le faremo sviluppare e poi le appenderemo al bar, così tutti vedranno il tuo sedere! Magari qualcuna la mandiamo per posta a tua madre così si divertirà anche lei!
La ragazza si raggomitolò sul selciato antistante la chiesa, chiuse le braccia intorno al corpo cercando di coprirsi. Continuava a piangere e le sembrava di vivere un incubo. 
-Ora mi sveglierò, non è vero quello che mi sta succedendo, ora mi sveglierò e mi troverò a casa, nella mia stanza.
A quel punto le sembrò che qualcuno fosse arrivato e stesse osservando quello che succedeva, forse avevano sentito gridare. Tra le lacrime vide le sue amiche che si tenevano in disparte e guardavano la scena, ma non intervenivano. I suoi abiti erano stati gettati nel bosco e Martina scorse uno sguardo di intesa tra i quattro. Allora con un ultimo gesto disperato fuggì tra gli alberi, si infilò trai rovi senza curarsi del fatto che le graffiassero la faccia e le gambe e si nascose in un anfratto della montagna.
Era salva, era fuggita.
Rimase lì per ore , pensieri terribili le passavano in testa, avrebbe voluto morire in quel bosco, tra gli alberi. Avrebbe voluto tornare a casa ma aveva paura ad uscire dal rifugio. Sapeva che era sola, nessuno l'aveva aiutata. Non ci poteva credere, e non sarebbe tornata là, almeno fino a quando non avesse sentito che tutti erano andati via.
Il tempo passò e il giorno se ne stava andando. Le prime ombre della sera si stavano allungando sul bosco. Gli alberi sembravano spettri e qualche animale frusciava tra i cespugli. Martina cominciò ad avere paura di non ritrovare la strada di casa. Non poteva affrontare da sola il sentiero del ritorno. Si fece coraggio e sbirciò di nascosto sul piazzale della chiesa.
Vide Silvia con i suoi pantaloni e la sua maglietta tra le braccia, la stava chiamando. Martina uscì dal nascondiglio.
-E' un'ora che ti cerco-disse l'amica.
Martina afferrò gli abiti e si rivestì in fretta, lo sguardo rabbioso. Avrebbe voluto chiedere tante cose ma non parlò. Si tenne a distanza da tutti ma anche gli altri non fecero nulla per parlarle o consolarla. Nessuno aveva il coraggio di guardarla negli occhi. Fausto e i suoi scagnozzi non c'erano, si erano stufati del gioco e se ne erano andati via molto prima degli altri.
Martina non capiva, si poneva mille domande, non aveva nessuna risposta. Solo una cosa le era chiara. Non ne avrebbe mai più parlato, ma avrebbe sempre avuto nel cuore e nella mente l'indifferenza e la codardia che aveva toccato con mano quel giorno. 

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