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mercoledì 28 settembre 2011

La vita secondo Giovanni l'avvocato



Non era un uomo comune Giovanni.
Aveva fatto della sua vita un'isola dove le regole le stabiliva lui che si reputava un grande filosofo.
La prima regola era quella di non faticare.
Aveva lavorato dall'età di vent'anni fino ai venticinque in un'impresa edile come manovale, poi in seguito ad una non ben identificata malattia aveva avuto la pensione di invalidità e non aveva mai più fatto nulla.
Elegantissimo sempre: giacca, cravatta, camicia immacolata e scarpe stringate lucidissime, ogni giorno per lui era domenica.
Il fisico era asciutto e fumava con una certa grazia, col mignolo alzato e stringendo la sigaretta tra il pollice e l'indice. Si reputava un uomo di classe e si muoveva con stile.
La seconda regola era non spendere.
Ogni sera era ospite fisso al bar e si accomodava al tavolino .
Di solito non consumava mai a meno che non gli venisse offerto, cosa che comunque accadeva con regolarità.
Mentre stava lì si guardava intorno con gli occhi da furetto , il naso dantesco gli conferiva un'aria intellettuale e spiccava proprio al centro del viso dal colorito giallastro. Non gli sfuggiva nulla. Sempre all'erta e pronto a cogliere ogni cambiamento di stato da parte degli avventori del locale.
Vi erano dei riti da rispettare per non irritarlo: salutarlo sempre per primi, non chiamarlo mai col suo soprannome e usare un linguaggio adeguato se si parlava con lui. Guai a non rispettare le consegne, si andava incontro a critiche feroci ,a volte toglieva persino il saluto.
La terza regola dell'avvocato era discutere sempre e di qualunque cosa
Il suo gruppo preferito era quello della tarda serata , quando iniziavano i discorsi “seri” ed era variabile ma sempre nutrito.
Gli argomenti nascevano così per caso, si appigliava ad una frase qualunque che riteneva adatta , sempre secondo i suoi canoni, a dare il via alle danze, oppure sorgeva guardando qualcosa o qualcuno che si trovava lì in quel momento.
L'argomento preferito erano le donne con discussioni del tipo . :E' meglio sposare un donna bella che ti fa le corna o una brutta che non te le fa?
Giovanni, cominciava a parlare giocherellando con le sue solite mille lire arrotolate in mano,sempre le stesse.
-Ma capisci che sì insomma, una donna bella è una donna bella.
-Sì ma se poi la trovi a casa con un altro? Che figura fai?
-Hai ragione con una donna brutta sei in una botte di ferro , ma non ti darà mai soddisfazione
-Basta che lavi stiri e ti faccia da mangiare bene...
-Però non è detto che una donna bella sia infedele e viceversa...
E avanti così con la fiera delle banalità fino a notte inoltrata.
A volte si disquisiva sul cibo e si discuteva con lui se erano più buoni gli agnolotti nel vino o quelli al tocco. E anche lì si elencavano le varie qualità di vino e di sugo.
Non si riusciva mai a pervenire ad una conclusione.
Si facevano le nottate così, poi ognuno tornava a casa propria ed il giorno dopo si commentavano i commenti.
A volte si lasciava convincere ed andava a fare un giro fuori dal paese con gli amici più fidati, ma erano eventi molto rari perché c'era il rischio di spendere qualche soldo.
Ancora oggi si aggira per le strade del suo paese osservando tutto e tutti,al posto delle mille lire una banconota da cinque euro arrotolata tra le mani, sempre la stessa, con la quale si gingilla per darsi un contegno.
Lo puoi vedere agli angoli delle vie , dà sempre l'impressione di aspettare qualcuno e alla domanda -Cosa fai?Risponde che è in attesa di un amico. La sera non va al bar perché i suoi sostenitori non ci sono più: si sono fatti una vita hanno mogli e figli, guardano il vecchio ritrovo con distacco, sono diventati mariti e padri di famiglia. Non portano nemmeno i bambini a prendere il gelato , non devono far sapere che sono stati giovani e che non sono perfetti come vogliono far credere ma hanno qualche scheletro nell'armadio anche loro, come tutti.
Giovanni una famiglia non ce l'ha, così è sempre in giro, ma solo di giorno
Non discute e non filosofeggia più si guarda intorno sperduto, con i suoi cinque euro in mano.

La dentiera



Ve lo ricordate il Pruffe?
- Ma sì, certo quello di Stazzano.
Dopo tanti anni si erano ritrovati al bar S. Giorgio.
Il locale era attiguo alla bocciofila del paese in collina, dove per sfuggire al caldo afoso della città,andavano in villeggiatura da ragazzi.
Ezio, detto Pruffe, era il personaggio del luogo,un borgo di duemila anime che di tipi strani e originali ne contava parecchi, ma tra i quali lui spiccava come il più particolare.
Era un uomo mingherlino che aveva già passato i quaranta e bazzicava quotidianamente nel bar più frequentato di Stazzano.
Tale bar, prendeva il nome dal santo patrono, S. Giorgio appunto e l' immagine del drago, campeggiava sull'insegna un po' sbrecciata che dava sulla via alberata .
Bar S. Giorgio - Gioco delle bocce”.
La sera dopo cena, verso le nove, si vedeva arrivare l'omino dal fondo del viale: una marionetta alta meno di un metro e sessanta, pantaloni di gabardine di colore indefinito tra il beige e il grigiastro, tonalità dovuta ai lavaggi poco frequenti, camicia maniche corte rigata:una settimana verdina, la settimana seguente azzurro scolorito.
Mentre si avvicinava, arrancando nel suo strano modo di camminare, dondolava la testa a forma di lampadina e i radi capelli rimanevano immobili, imprigionati dalla brillantina Linetti.
Gli occhi scuri, stranamente belli nella loro vacuità, erano sovrastati da sopracciglia foltissime e nere, il naso e le labbra erano enormi.
Quando sorrideva, e lo faceva spesso, spiccava l'unico dente rimasto in bocca , ormai marcio e dondolante come erano stati i suoi compagni che già da tempo avevano abbandonato le arcate dentarie.
Il nostro Pruffe non si ritraeva quando gli chiedevano notizie della nuova dentiera, in lavorazione presso un meccanico dentista conosciutissimo nella zona, l'unico che aveva avuto il coraggio di mettere le mani in quell'antro e risistemarglielo al prezzo che Ezio era disposto a pagare.
Ti ricordi quando gli chiedevamo dei denti?
- Sì , che sagoma!
Ogni sera gli stessi discorsi:
- Come vanno le cose Ezio?
- Bene forse la prossima settimana è pronta!
- Siamo proprio contenti!Poi paghi da bere eh?
- Sì , sì tranquilli.
E la sera del grande evento finalmente arrivò.
Il Pruffe detto anche Piedi d'Aquila,quella volta camminava più veloce nel viale.
Si guardava intorno con macelata ansia , aveva novità da esternare agli amici e un sorriso nuovo di zecca da esibire. Forse sperava anche di fare colpo su qualche femmina. Sì, perché gli avevano fatto credere che il suo scarso successo con le donne, dipendeva esclusivamente dal suo problema con i denti.
Lo stavano aspettando tutti, la notizia aveva fatto il giro del locale e si avvertiva un gran fermento.
Alcuni avevano persino interrotto la partita di bocce per assistervi.
I soliti tre tipi, quelli che lo portavano in giro per poter ridere alle sue spalle, ma che comunque erano gli unici che lo facevano uscire dalla vita di paese e che lui per questo adorava, erano già appostati sulle scale, in attesa.
Quando giunse davanti all'ingresso il capannello si era decisamente infoltito.
Finalmente arrivato a destinazione, sorrise e le 32 bianchissime e lucide perle della protesi scintillarono. Si levò un'ovazione
- Ma fai vedere dai...
...Sorriso
- Ma guarda che bel lavoro!
...Sorriso più largo
- Come brillano!
- E' porcellana della più bella
- Ti danno fastidio quando mangi?
- No, è come se fossero i miei!
- Ma sono i tuoi, li hai pagati!
...Risata generale.
- E' bravo 'sto meccanico!
- Sì, proprio bravo!
...Sorrisone
- Ma quanto ti sono costati?
- Ventimila lire
- Però, un po' caro
- Eh, se andavo da un vero dentista mi costavano il doppio.
- C’era tutta la gente del bar, tutti intorno a lui: lo guardavano, si complimentavano, lo consideravano. Ezio si sentiva un Dio, gli occhi mandavano bagliori di felicità. L’avesse fatto prima!
Come non approfittare di una situazione così?Gli amici fedeli e un po’ bastardi, si guardarono un attimo e presero la decisione al volo, senza parlarsi.
- Dai andiamo a bere fuori, paghi tu eh?Lo avevi promesso. Bisogna festeggiare.
Il Pruffe cercò di tergiversare , viveva ancora con i genitori che lo trattavano come un adolescente e gli avevano imposto il coprifuoco entro mezzanotte, come Cenerentola.
Se non arrivava in orario, per un po' non lo facevano uscire.
Era capitato anche che la madre arrivasse al bar in camicia da notte a cercarlo con gran divertimento dei presenti e grande imbarazzo dell'attempato figliuolo.
Comunque , quella volta riuscirono a convincerlo dicendogli che sarebbero tornati a casa presto, anche loro il giorno dopo avevano il lavoro e dovevano alzarsi per tempo.
Lo caricarono in auto e lo portarono in città.

- Lo abbiamo portato a Milano quella sera, ai Navigli.
- Continuava a guardare l'ora ma poi dopo tre Negroni, non sapeva più niente.
-Che serata ragazzi!.
Tornarono a casa alle tre, Ezio era ubriaco fradicio. Nonostante la sbornia , saltò giù dall’auto e corse verso casa, una corsa un po’ ondeggiante ma pur sempre una corsa.
La madre era alla finestra, le luci in casa erano tutte accese. Gli amici si dileguarono in fretta.
Il giorno dopo si seppe dai vicini di casa che si erano udite urla terribili giungere da casa sua quella mattina.
Quell'estate, l'estate della dentiera, nessuno lo vide più in giro .
-Povero Pruffe, gliela abbiamo combinata bella, chissà che fine avrà fatto ?
- Vi ricordate quando riesumò la patente e prese ad andare in giro con la cinquecento?
- Sì , che personaggio!
- Ma questa è un'altra storia...

domenica 18 settembre 2011

Odore di mosto


Odore di mosto
profumo di mio padre
Lo rivedo
mentre sale la collina
a piedi nudi
la gerla sulle spalle
Terra dura che accompagna
la danza dei suoi passi
Il sorriso accende il colore dei suoi occhi
La sua voce
non l'ho dimenticata.
Mi mancano le foglie di quei tralci
le corse su per la salita
Ripenso alle risate.
Qualche volta le ritrovo
nelle nuvole al tramonto.

sabato 17 settembre 2011

La pazienza di un ragno



Se avessi la pazienza di un ragno
costruirei la tela senza fretta
e userei i miei fili di seta
per appendere le gocce di rugiada.
Se avessi il coraggio di un ragno
non avrei paura della pioggia
e mi cullerei nelle carezze del vento.
Se avessi la sagacia di un ragno
saprei aggiustare le fibre spezzate
ogni giorno, ogni momento.
E non conoscerei disillusioni
non piangerei sulle sconfitte,
non sperimenterei frustrazione.
Se avessi la pazienza di un ragno...

mercoledì 14 settembre 2011

Santiago





Un passo dopo l'altro e la strada mi appartiene
nei miei passi c'è il cammino
nelle mani la rugiada del mattino...

domenica 11 settembre 2011

OMBRA



E l'ombra lo specchio
raccoglie i pensieri
e la musica nella mia testa

accompagna la strada
ricalcando i miei passi
e non mi lascia mai
anche quando la salita si fa dura
e il respiro si fa corto.

A volte si allunga,
fugge verso strade sconosciute
vorrebbe forse volare via
ma resta
Ha occhi scuri
è madre
figlia, amica.

Quando il mio colore svanirà nel suo nero
saremo un tutt'uno con l'universo.