A
mio padre piacevano i gatti. Ai gatti piaceva mio padre. Credo che
fossero caratterialmente compatibili, anzi credo che anche lui fosse
un gatto o lo fosse stato in una vita precedente. Certo è che molti
tratti caratteristici di questi felini si addicevano a lui. Il fisico
innanzi tutto. Alto, elegante, vanitoso. Mio padre non era mai in
disordine. Nemmeno quando andava nella vigna e si metteva l'abito da
contadino con lo spago al posto della cintura riusciva a sembrare
trascurato. Innata classe; si ha o non si ha.
La
camminata era flessuosa e il passo più che una falcata era un
salto leggero, mai affaticato.
I
baffetti sotto al naso li curava minuziosamente: li lisciava con cura
ogni giorno, li ispessiva con una matita se trovava qualche penuria.
Davanti
allo specchio si guardava le guance e le schiaffeggiava se erano pallide, poi si spalmava la brillantina sui capelli folti e scuri.
Ovunque,
dove andava, aveva la sua squadra di felini ai quali portava cibo e
coccole. Li chiamava:-Minuuu, Minuu. E loro arrivavano di corsa al
suono della sua voce, gli si strusciavano contro le gambe, lo
guardavano con occhi amorevoli.
Lui
non chiedeva nulla ai suoi gatti, gli bastava quello strusciamento
quotidiano, quel sordo brontolio che gli dedicavano, poi li lasciava
andare. Liberi. Capiva la loro autonomia, la sentiva sua. Ve l'ho
detto. Mio padre era un gatto.