Le sere d'estate si restava all'aperto fino alle undici . Era quella l'ora in cui l'aia si spopolava e gli uomini e le donne del borgo si ritiravano e tornavano a casa per andare a dormire. Le otto ore di sonno erano indispensabili se si voleva riuscire il giorno dopo a lavorare nei campi. Era un lavoro duro quello, dall'alba al tramonto, l'unico orologio che si guardava era il sole. Si lavorava con la luce e si smetteva quando questa andava giù
I contadini tornavano a casa stravolti dalla stanchezza,la pelle bruciata , le rughe scavate dalla fatica, pregustando finalmente qualche ora di sosta. Ed era così che dopo cena ci si ritrovava tutti nello stesso cortile. I primi ad arrivare erano gli uomini ed i bambini, per le donne c'erano ancora da fare le ultime faccende in casa e da sistemare le galline al riparo per la notte.
Ci si sedeva sul “trave” in fila uno vicino all'altro e si chiacchierava della giornata , dei conoscenti comuni dei nuovi nati e di quelli che se n'erano andati in grazia del Signore. Alla luce dell'unico lampione i visi si mimetizzavano con l'oscurità. Qualcuno si arrotolava da fumare: con gesti sicuri prendeva la bustina del tabacco dalla tasca, poi quella delle cartine. Le dita incallite arrotolavano con singolare destrezza la sigaretta. Poi con un fiammifero di legno si accendeva e si aspirava la prima boccata con evidente piacere. Nel buio si vedevano braci incandescenti brillare più vigorosamente ad ogni nuova tirata. Lumi che danzavano nel buio .
A volte si faceva musica. In quella sperduta frazione di contadini erano tutti musicisti. Carletto suonava la fisarmonica, Gnocco e Balin il violino, Carluccio la chitarra . Non è ben chiaro dove avessero studiato, si sapeva che Carletto era stato a lezione dal maestro Lavagnino che fu un grande musicista e compositore . Certo è che ci doveva essere una vena musicale genetica perché non si era mai vista una comunità così piccola che vantasse tanti musicisti. Quando suonava Carletto il cortile diventava una pista da ballo. Tutti danzavano , le donne se non avevano il cavaliere si univano alle amiche, i bambini felici ridevano e volteggiavano seguendo il ritmo. Carletto suonava ballabili: tango,valzer, mazurche. Le note scaturivano in modo naturale dallo strumento, le dita correvano veloci sulla tastiera .Erano dita grosse indurite dal lavoro ma che riuscivano a scorrere i comandi senza apparente sforzo. Il viso di Carletto si trasfigurava durante le esecuzioni, gli occhi si stringevano fino a diventare due fessure. Piegava il capo da una parte come se stesse ascoltando voci e suoni che gli giungevano da lontano, forse qualcuno o qualcosa , in quei momenti lo portava via in una dimensione magica e serena. La musica era il suo mondo parallelo, quello migliore di quello in cui viveva e che lui apprezzava comunque, nonostante le difficoltà quotidiane. E sorrideva. E sorridevano tutti. La musica aveva il potere di creare armonia tra persone e natura. Le note riempivano il silenzio delle notti d'estate , rendevano il mondo diverso, caratterizzavano i momenti rendendoli indimenticabili. Ridensificavano l'aria , volavano via e tornavano, si affievolivano per rafforzarsi quando le credevi ormai perdute. Giocavano a nascondino con il cielo.
Quel cielo nero nero, mantello della notte punteggiato da miliardi di diamanti.